Baleno International_Tongue on Flames

Bogdan Ablozhnyy e Lina Pallotta
02.03.2024 – 27.04.2024

È tutto voce
Giorgio Di Domenico

Nel 1992 Lina Pallotta iniziò a frequentare i locali dell’East Village dove si riuniva la scena slam newyorkese. Il mercoledì e il venerdì l’appuntamento settimanale era al Nuyorican Poets Café, per i contest e le serate open mic. Davanti alla parola poetica performata, incarnata e intrecciata con la musica, Pallotta iniziò a scattare fotografie.
Divenne così parte di una comunità creativa diversa, tutta raccolta attorno al potere delle parole, una compagine umana animata da istanze sociali e identitarie, la stessa scena che Steve Cannon raccoglieva attorno alla sua rivista leggendaria: A Gathering of The Tribes.
Pallotta ritrae Cannon al bancone, accanto a Reg E. Gaines e a una donna che fuma. I gesti sono veloci, i volti sfocati, le parole affilate. Forse ‘the blind guy’ ha appena gridato a un poeta sul palco il suo rimprovero iconico, in fondo un incoraggiamento: ‘Read the goddamned poem!’ Nelle immagini catturate da Pallotta – sfondi scuri 1 e luci taglienti – le parole a cui gli autori hanno dato concretezza sonora acquistano anche evidenza visiva. Sul palco, come nelle fotografie, gli esordienti si alternano ai poeti affermati, i musicisti ai militanti: Pedro Pietri a ‘Aussie’, Janice Erlbaum a Nadine Mozon, Sapphire a Tish Benson. La parola pronunciata si nutre del rapporto col pubblico: gli sguardi complicano la performance, l’interazione assicura efficacia alla comunicazione, l’occhio spiritato dei poeti risponde a quello estasiato della folla, per poi rimbalzare nell’obiettivo prensile della macchina fotografica – tutto è collegato dalla voce.
Una sera del 1994 arriva al Nuyorican il gruppo di freaks del luna park di Coney Island. Dal centro del palco la mangiafuoco sputa verso il pubblico la sua lingua di fuoco serpeggiante. Pallotta cattura il momento, e col momento l’analogia. Quella serie di fotografie di slam poets, ormai avviata da qualche anno, deve chiamarsi Tongue On Flames, variazione sul titolo di una retrospettiva del 1990 di David Wojnarowicz. L’artista, protagonista della scena creativa dell’East Village stroncato nel 1992 dall’AIDS, nel 1981 aveva sognato di riprendere un incendio: ‘I was seeing all this through the viewfinder of the movie camera and recording it. The colors of the flames and the light reflecting against the white wall of the garage were burning first bright oranges and reds, then these phosphorescent blues.’2
Anche verso la fine di Cose trasparenti, un romanzo di Nabokov del 1972, il protagonista sogna un incendio: ‘Le fiamme si sprigionavano da ogni parte, e tutto ciò che si vedeva appariva attraverso nastri scarlatti di vitrea plastica.’3
The Walk (2023) è una scultura composta da tre rotoli affiancati, potenzialmente infiniti, di poliestere trasparente, tessuto e pellicola riflettente. Fissati a mezza altezza su una parete, i materiali corrono lungo il pavimento fino a toccare la parete di fronte. Presentando l’opera, Bogdan Ablozhnyy ha evocato un altro passaggio del romanzo di Nabokov: ‘Quando noi ci concentriamo su un oggetto materiale, ovunque esso si trovi, il solo atto di prestare ad esso la nostra attenzione può farci sprofondare involontariamente nella sua storia. I principianti devono imparare a sfiorare soltanto la superficie della materia se vogliono che essa resti all’esatto livello del momento. Cose trasparenti,
attraverso le quali balena il passato!’4
Ablozhnyy, come Pallotta, indaga da tempo le potenzialità documentarie della fotografia, spesso immortalando le sue stesse opere. Le superfici trasparenti di The Walk possono essere intese, in fondo, come allegorie dell’atto fotografico: le pellicole, trasparenti sia in senso materiale, sia in senso figurato, diventano così cose attraverso cui non solo far balenare il passato, ma anche fissare il presente. La stessa presenza dell’opera, e dunque dei suoi materiali, testimonia della disponibilità e della sussistenza effettiva dello spazio che l’accoglie: la superficie compresa tra le due pareti della galleria. Rendendo uno spazio inaccessibile allo spettatore, fissandolo elasticamente sotto una trasparenza, Ablozhnyy ne ratifica e documenta l’esistenza.
Qualche giorno fa, Ablozhnyy mi ha parlato delle strategie espositive di Laurie Parsons, di Marc Camille Chaimowicz, della prima Karen Kilimnik. Quando nel 1990 Parsons aveva lasciato completamente vuoti gli spazi della sua prima personale alla Lorence-Monk Gallery di New York – un miglio, venti minuti a piedi dal Nuyorican – un recensore aveva intuito l’invito implicito di quell’azione radicale: ‘Parsons invites us to make the leap and walk on water.’5 The Walk, al contrario, invita a non fare quel passo, a immaginare la camminata sull’acqua soltanto da lontano, spingendosi sino al limite delle trasparenze coi piedi, per poi traguardarle soltanto con lo sguardo.
Il titolo della scultura, The Walk, è prelevato da quello di un racconto di Robert Walser del 1917, La passeggiata.
Quando nel 1982 Susan Sontag aveva dovuto introdurre l’edizione inglese del racconto, aveva insistito sulla voce dell’autore: ‘His work plays with the depressive’s appalled vision of endlessness: it is all voice – musing, conversing, rambling, running on.’6 I rotoli trasparenti di Ablozhnyy, vere visioni di infinitezza, possono allora servire da innesco per la lettura delle fotografie di Pallotta, in cui, come in Walser, è tutto voce.

1 Melanie Maria Goodreaux: ‘Gathered Tribes: The Legacy of Steve Cannon’, Ursula, 13 novembre 2019.
2 David Wojnarowicz, In the Shadow of the American Dream, New York 1998.
3 Vladimir Nabokov, Cose trasparenti, Milano 1995, capitolo XX.
4 Ivi, capitolo I.
5 Jan Avgikos: ‘Laurie Parsons, Lorence Monk Gallery’, Artforum, XXIX, 2, ottobre 1990, p. 164.
6 Susan Sontag: ‘Walser’s Voice’, in Robert Walser, Selected Stories, New York 1982, p. viii.

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I am I – AtelierSì

Porpora – Cheap Festival

Venticinque poster per venticinque ritratti fotografici. Trent’anni di scatti e in mezzo le lotte, i viaggi, gli incontri, le rivoluzioni incarnate, i libri, le mostre, il rincorrersi da una città all’altra, la politica fatta nelle strade. Un bianco e nero poroso, una grana ostentata come si ostenta una ruga o una cicatrice che ci siamo conquistate. Dopo essere state al centro di una mostra al Centro Pecci per l’Arte Contemporanea, dal titolo Volevo vedermi negli occhi e curata da Elena Magini e Michele Bertolino, una selezione di fotografie di Lina Pallotta che ritraggono Porpora Marcasciano arriva nelle strade di Bologna: è la nuova affissione di CHEAP, il progetto di arte pubblica su poster che festeggia nel 2023 il decennale dalla propria fondazione e lo fa con un libro pubblicato da People e appena arrivato in libreria, DISOBBEDITE con generosità.

Fotografie di Giulia Rosco
Progetto organizzato da CHEAP

Volevo vedermi negli occhi – Centro Pecci Prato

Lina Pallotta, photographer, and Porpora Marcasciano, writer and trans activist, met on the same side of the barricades in the hot city of Naples during the fabulous ’70s and never parted ways. In the ’80s, Pallotta moved to New York City, where she studied at the International Center of Photography and worked as a photojournalist, focusing on projects with a strong political and ethical emphasis. Despite the miles that separated them, the two continued to meet in dispersed geographies, from New York’s East Village to Rome, Bologna, and Naples.

In 1990, Pallotta began photographing Marcasciano with an intimate and affective gaze, using immediate and corporeal touches to capture their relationship. Porpora – the project which is presented here, a selection taken from hundreds of photos – is an in-finite portrait of a friend and companion. A sideways glance captures everyday moments, personal geographies, and the evolution of the body, elucidating the poetry of political action.

Download full text here.

I am I – Grenze Arsenal Fotografici

I am I is a journey into a world inhabited by complex subjects, friendly figures, often irrelevant and invisible to society and the media – marginalized. It is a comprehensive and long-standing exploration – woven from decades-long friendships and recent encounters – an underlying thread that intertwines with my own personal experiences and shapes my perception of the world.

The photographs feature two activists from the Italian trans movement: Valerie Taccarelli, whom I met in Naples during the movements of 1977, and has always been a steadfast and uncompromising trans activist, and Loredana Rossi, who is the founder and president of ATN (Associazione Transessuale Napoli).

These images aim at provoking a reflection on the role and complexities of media representation of marginalized situations. They are snapshots of moments, fragments that challenge the rational analysis of what they aim to document, without imposing a predetermined interpretation of reality. They represent an endeavor to construct a visual space that, without aggression, invites contemplation of the social dimension and our shared humanity.

I will develop a new chapter of I AM I during the residency at the Paul Thorel Foundation in September 2023. In this month, I will shadow Loredana Rossi in her private and public daily life.

We unleash storms, yet we like the sun – Last Tango

The title of the exhibition “We Unleash Storms, Yet We Like the Sun” could be a tag on a wall. Or alternatively it’s that poetic phrase that you would stumble upon while scrolling your tumblr feed, so very millennial, or it’d be the kind of statement printed on some t-shirt, so very fast-fashion and pseudo-punk. Yet, if we travel back in time and we land in the sunny alleys of Naples in the 70s, we could have heard this very phrase in the midst of those busy streets, shouted at the top of the lungs by students, queers and hippies attending protests in rutilant public squares. Let us retrace the timeline in between: a surge of identity politics worldwide and in the specific case of Italy the ebb in the private.

Some contextual elements. The exhibition features works by Lina Pallotta (b. 1955, lives and works in Rome) and Caterina De Nicola (b. 1991, lives and works in Zurich). Two artists who share similar artistic approaches. Photographs dating back to the 90s of Porpora Marcasciano, trans activist and writer, feature alongside embellished walls made of screws and translucent balls scattered on the floor. The never-ending trip of a lifetime in a constant process of pushing borders forward placed side by side with the dysfunctional meltdown of once-useful tools.

Download the text by Michele Bertolino, curator of the exhibition

Lina Palotta, Porpora - Porpora e Marco - Roma, 1991, digitally printed on Hahnemuhle FineArt Baryta 325 gr 60 x 40cm. Photo: Kilian Bannwart
We Unleash Storm Yet We Like The Sun, Installation view, 2022. Photo: Kilian Bannwart
Lina Pallotta, Porpora - NYC, 1992, digitally printed on Hahnemuhle FineArt Baryta 325 gr, 36 x 24cm. Photo: Kilian Bannwart
From right to left: Lina Pallotta: Porpora - Roma, 1990, Porpora - Maurizio - Roma, 1990, Porpora - Europride - Roma, 2011. Photo: Kilian Bannwart
We Unleash Storm Yet We Like The Sun, Installation view, 2022. Photo: Kilian Bannwart
Right: Lina Pallotta, Porpora - Chelsea - NYC, 2011, digitally printed on Hahnemuhle FineArt Baryta 325 gr, 36 x 24cm. Left: Caterina de Nicola, Things you can’t buy: new hours and services, 2022, found objects, spheres made of epoxy resin, screws and metal scraps, dimensions variable. Photo: Kilian Bannwart
Lina Pallotta, Porpora - Bologna, 2015, digitally printed on Hahnemuhle FineArt Baryta 325 gr, 34 x 26cm. Photo: Kilian Bannwart
Right: Lina Pallotta, Porpora - Bologna, 2015, digitally printed on Hahnemuhle FineArt Baryta 325 gr, 34 x 26cm. Center: Caterina de Nicola, Things you can’t buy: new hours and services, 2022, found objects, spheres made of epoxy resin, screws and metal scraps, dimensions variable. Left: Lina Pallotta, Porpora - NYC, 2001, digitally printed on Hahnemuhle FineArt Baryta 325 gr 6 x 20cm. Photo: Kilian Bannwart
We Unleash Storm Yet We Like The Sun, Installation view, 2022. Photo: Kilian Bannwart
From right to left: Lina Pallotta, Porpora - Cattedrale di San Pietro - Roma, 1996. Lina Pallotta, Porpora - Porpora e Claudia - Lanuvio, 1996. Lina Pallotta, Porpora - San Salvatore Telesino, 2000. Lina Pallotta, Porpora - San Bartolomeo in Galdo, 2018. Photo: Kilian Bannwart

PIEDRAS NEGRAS – RoccaColonna, Castelnuovo Fotografia Festival